VIAGGI&FOTO MAROCCO Festival dei Nomadi 2018

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A M’Hamid El Ghizlane emozioni in viaggio e workshop fotografico tra la corsa dei dromedari, la partita di Hockey sulla sabbia, il rito del pane cotto in terra e musica e danze in concerto

di Rosalba Grassi

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Ultimo villaggio a sud del #Marocco ai confini del deserto, Mhamid El Ghizlane a 80 km a sud di #Zagora nella valle del Draa.

Al centro del paesino, ecco l’unica rotonda e, alla prima uscita a destra, prosegui lungo una strada impolverata ma che ‘spolvera’ tutte le tue ansie di uomo occidentale, colmo di sovrastrutture.

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Lo sguardo, prima ammaliato dai colori degli chech di berberi e sahrawi e dagli occhi delle donne avvolte nelle stoffe variopinte ed anche da venditori ambulanti di arance, da una scorza dura mai vista,

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ad un tratto si ferma su un immagine del piccolo principe all’ultimo bar.

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E il tè da ora in poi desideri assaporarlo solo tra le dune dell’Erg Chegaga, attorno a un fuoco e sotto un cielo trapuntato di stelle.

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Ma prima di assecondare questa forte spinta interiore, ti volti e all’improvviso scorgi una corsa all’aperto fuori dalla scuola e ti ritrovi tra abbracci di bambini, che escono con occhi neri scintillanti, alla ricerca di un contatto fisico con la strega bionda sorridente dalla quale, allo stesso tempo, rifuggono come fosse l’uomo nero di una volta, dipinto dalle nonne in occidente.

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E così gridando che non vogliono foto, giustamente imboccati dagli adulti, che cercano di preservare la loro intimità di piccoli, poi ti prendono la mano, ti battono il cinque, ti spingono anche cercando di allontanarti, ma allo stesso tempo ti attraggono appendendosi alla tua maglietta e restano incollati, come una calamita al metallo.

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Sono appena usciti da scuola sono 160 bambini dai 6 ai 12 anni di 6 classi di una scuoletta tutta colorata tra sabbia e fiori. E ti restano nel cuore. Soprattutto uno… con una camicina nera ricamata, con viso radioso e l’arma in mano.

Fantastico, non si può dimenticare chi ti tende la mano piccina a stringere la tua, ma con una puntina gialla, recuperata dal suo cartellone preferito, sulla parete della classe e nascosta tra le dita, avendo cura di tener la punta rivolta al centro a ferirti il palmo.

Ma il calore del contatto riesce ad invertire l’intenzione iniziale, che invece lui ti svela subito.

E tutto si conclude in un girotondo di sorrisi e cuori vicini inebriati dal vento del deserto.

Poi la magia viene interrotta dal richiamo del clacson e si risale sul bus guidato da Kahlid Iyad Htiti fino al campo di Hockey e il sipario si apre su un altro scenario, ma in un altro cerchio.

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Ragazzi in divisa sgualcita e con chech variopinti in testa e con una mazza rudimentale di legno in mano, si apprestano a giocare una partita di hockey sulla sabbia.

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E tu, che assisti tra il pubblico, seduto su un muretto all’ombra, inizi a palpitare.

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L’attenzione, infatti, si distoglie dalle squadre e da chi potrebbe far meglio, anche correndo di più a segnare il punto, per raggiungere l’obiettivo della vittoria.

L’attenzione si ferma, invece, sul copricapo sahrawi di un ragazzo, che si srotola nel gioco, lasciando intravedere una ferita sulla fronte coperta da un cerotto, forse già inferta in allenamento e poi si catalizza sulle caviglie scoperte di ciascun giocatore, a piedi nudi sulla sabbia. E speri che ognuno riesca a battere la palla nera, che sembra di raffia o cotone intrecciata a mano, senza spezzar tendini all’altro.

E vien naturale esultare perché tutto, per bravura o per fortuna, fila liscio.

Finisce la partita si fa lo Standing Ovation e la folla si sposta in fretta, mangiando polvere, verso un altro evento peculiare del Festival dei Nomadi: il rito del pane cotto sotto la sabbia.

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Arrivano in corsa i dromedari a fare da quinta a una gara di ‘panettieri’ tuareg e sahrawi. Un’emozione indelebile.

Ed ecco che si forma di nuovo un cerchio: tutto il pubblico intorno e i giornalisti e fotografi il più vicino possibile ai concorrenti, disposti in fila al centro.

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Uomini blue con la pelle scura e le mani in pasta, che ce l’hanno messa tutta per preparar dischi volanti d’acqua e farina da lanciare in buche nella sabbia su braci ardenti. Finché ecco sfornata la pagnottella.

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E tra loro non si è ritratto a stare inginocchiato ad incitarli, battendo il tempo a palmi aperti, neanche lo stesso direttore artistico del Festival @Nourredine Bougrab e con lui c’erano anche due donne coperte da testa a piedi con un velo nero, coinvolgenti, nel loro ballo finale e quasi ipnotico.

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Beh che dire? Le impressioni? Sono state rilasciate al giornalista El Bouhaddioui Abderrahman per la tv 2M da alcuni compagni di viaggio: Mariangela Ciufo, Maria Teresa Ricciotti e da Antonio D’Onofrio,

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capogruppo e coach fotografo di 15 appassionati fotografi e viaggiatori provenienti da varie città di Italia e i quali hanno aderito al viaggio proposto da Viaggi e foto (viaggiefoto.wordpress.com) organizzato da Antonio D’Onofrio con la direzione tecnica di Claudia Vittone di Sahara Blue Viaggi di Latina.

Hanno partecipato al viaggio con @Antonio D’Onofrio e @Rosalba Grassi, @Mariangela Ciufo, @Viviana Del Franco, @Aurora Onori, @Assunta Balzarani, @Maria Teresa Ricciotti, @Maria Alberta Berti, @Loretta Isotton, @Daniele Fantigrossi, @Yuri Fantigrossi, @Giovanna Giovannini, @Paola Rabolini, @Paolo Catocci e @Giorgio Sega.

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Tutti insieme accolti all’Hotel Chez Le Pacha (www.chezlepacha.com) a M’hamid El Ghizlane, dall’intraprendente proprietario e manager Mohamed Dakhamat.

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Si ringrazia il Tour Operator locale Cobra Tours di Marrakech ed anche Anaconda Tour e Trans Marrakech per il noleggio di bus in buono stato e soprattutto di un autista Kahlid Iyad Htiti responsabile, preciso, educato e versatile, tanto da essersi prestato anche a partecipare come interprete arabo-italiano per le interviste fatte da Rosalba Grassi giornalista e travel blogger per il web magazine Viaggi & Foto al direttore artistico del festival Nourredine Bougrab https://youtu.be/b8_foSxm_XQ e ad alcuni musicisti che si sono esibiti nelle serate del Festival musicale.

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